Decentralized Finance (DeFi), la blockchain rivoluziona il mondo della finanza

Erich Fortuni

Blockchain Specialist & Project Manager at Consulcesi Tech

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Decentralized Finance. O, per brevità, DeFi. Una parola traccia silenziosa limiti inesplorati dai servizi finanziari. Davanti a una recessione che si prospetta globale, una nuova classe di tecnologie distribuite promette di ridisegnare per sempre il nostro approccio al denaro e al risparmio. Come sta cambiando il nostro rapporto con il rischio? Quali nuovi significati assumerà la moneta? In queste risposte forse le premesse per l’avvento di una vera e propria rivoluzione nel FinTech.

A quasi 12 anni dalla pubblicazione del whitepaper di Satoshi, sognare un sistema di electronic money senza intermediari potrebbe sembrare ai pionieri di DeFi una piccola ambizione. Stablecoin, P2P Lending, ed exchange decentralizzati possono essere solo alcuni dei “mattoncini” alla base di un sogno ancora più grande e composito. O forse un azzardo. Un azzardo in cui il denaro non si risparmia ma si coltiva, dove le logiche di tutela del risparmiatore lasciano spazio alla pura logica “greedy” e all’autodeterminazione.

Indice degli argomenti

Il boom delle piattaforme di trading

L’attivista Abbie Hoffman sosteneva che la rivoluzione fosse qualcosa di insito e perpetuo nello spirito umano. Mai una moda passeggera. Qualcosa sempre pronto a scattare all’irrigidirsi del contesto in cui l’uomo opera. Qualcosa che deve avere a che fare con la nostra propensione al rischio: il senso di inibizione che ci costringe alla prudenza in condizioni di stabilità, può svanire d’un tratto in situazioni di emergenza, quando giocarsi la pelle è il solo modo di reagire.

Il rallentamento dell’economia e la decrescita dei tassi di interesse hanno contribuito a variare la nostra percezione del rischio. Anche i mercati hanno una psicologia. E in un mercato dei servizi finanziari sempre più competitivo, diventano più appetibili agli occhi del risparmiatore i prodotti più “coraggiosi”, dove l’aspettativa di performance a breve termine è alta.

È così che, complice il lockdown, le piattaforme di trading hanno visto un vero e proprio boom di nuovi account. Centinaia di migliaia di persone, bloccate tra le proprie mura domestiche e impossibilitate a portare avanti la propria attività, si sono gettate a capofitto nel trading online più selvaggio, trovando reciproca complicità attraverso le community social di Twitter e Discord. Interessante notare come il fenomeno si sia registrato su piattaforme di trading di nuova generazione come Robinhood o E*Trade. Se fino a una decina di anni fa il trading di azioni era appannaggio solo di investitori o amatori “educati”, ora le barriere di ingresso si sono incredibilmente abbassate e l’immissione di un ordine di acquisto o di vendita è un’operazione a portata di clic, autorizzata con il riconoscimento biometrico dell’utente.

Sulla pelle di trader “parvenu”, la tecnologia accelera e impone nuove modalità di interazione con i servizi finanziari.

Moneta elettronica o meme?

Prima di passare in rassegna le proprietà di DeFi, è interessante notare l’affermarsi di nuove sensibilità verso il concetto di moneta. La diffusione sempre maggiore dei pagamenti digitali, lievitati dall’insorgere dell’emergenza sanitaria, contribuisce a rafforzare un’immagine del denaro come immateriale. La moneta è sempre di più nel pensiero collettivo uno strumento virtuale e duttile, facile da generare, scambiare e custodire in sola forma elettronica. La natura digitale della moneta è la vocazione prima delle criptovalute, e l’abitudine all’utilizzo di wallet sui propri smartphone non può che agevolarne la diffusione. Il denaro si trova così a condividere lo stesso layer informativo di coupon, biglietti elettronici e impronte biometriche. Che ognuno possa diventare la banca di se stesso non appare più come un’utopia.

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Capacità di essere padroni dei propri asset digitali ma anche la consapevolezza di poterne determinare il valore di mercato. È quanto successo ad alcuni utenti di TikTok a luglio, quando la criptovaluta Dogecoin – dall’omonimo meme che nel 2013 ispirò i creatori Billy Markus e Jackson Palmer – è stata protagonista di un “pump” vertiginoso, alimentato dall’effetto di rete della piattaforma social. Il prezzo della criptovaluta con protagonista il cane Doge è raddoppiato tra il 6 e l’8 luglio, con volumi giornalieri decuplicati e oltre il miliardo di dollari.

L’associazione meme-moneta si sta facendo strada nella cultura di massa, fondendo elementi strettamente culturali con asset digitali che ne sono rappresentativi. Non da ultimo, è il co-fondatore di Cardano, Charles Hoskinson, ad annunciare che, in caso di candidatura alle prossime elezioni presidenziali americane, Kanye West emetterà su blockchain un “Kanye Coin”, in proporzione diretta con i voti raccolti.

Il denaro in forma digitale si carica di significati nuovi e di possibilità prima sconosciute, combinando all’interno dei wallet degli utenti asset dalle proprietà nuove, su tutte programmabilità e collezionabilità.

DeFi, finanza e mattoncini Lego

Una nuova propensione al rischio e una rivalutazione del concetto di moneta possono favorire l’adozione di servizi finanziari decentralizzati. DeFi non è altro che un’esplosione del potere espressivo dei servizi tradizionali nel contesto di un mercato totalmente “open”, senza barriere di ingresso e a portata del proprio smartphone.

Con l’avvento della Decentralized Finance, servizi come il credito, lo scambio tra asset diversi, la sottoscrizione di strumenti derivati o di copertura non sono più erogati all’interno di “walled garden” ad accesso esclusivo, ma dialogano tra loro secondo l’esecuzione bruciante di poche righe di codice. Una delle proprietà distintive della DeFi è proprio la sua componibilità. Una caratteristica che gli è valsa l’appellativo di “money lego”.

Di fronte al mondo Fintech tradizionale, che solo da poco sta transitando verso l’Open Banking sotto la spinta della PSD2, la potenza espressiva di DeFi appare sconcertante. Depositare degli ether come collaterale, in cambio prendere in prestito una stablecoin come USDT, criptovaluta agganciata al valore del dollaro, fornire gli USDT ottenuti come liquidità sulle piattaforme Compound e Balancer in cambio di interessi e dei rispettivi token di governance Comp e Bal. Tutto regolato automaticamente tramite smart contract. Operazioni registrate sui nodi di un network distribuito senza possibilità di censura.

Decentralized Finance e coltura del risparmio

Come accennato, l’integrazione tra i servizi e l’istantaneità del regolamento delle operazioni è favorito dalla continua fornitura di liquidità. Asset che gli stessi utenti di DeFi sono incentivati a dare in prestito in cambio di tassi di interesse a doppia cifra e voting right che li rendono decision maker sulle piattaforme di servizio.

La cultura del debito si rovescia e diventa “coltura” dei propri risparmi. È così che si definiscono questi pionieri della finanza decentralizzata: “yield farmer”, o coltivatori dei propri guadagni finanziari. Se la sofisticazione di questo mondo potrebbe spaventare, tecnologia e user experience sono sempre la risposta e la leva per una maggiore adozione. Soluzioni come Argent Wallet permettono di custodire i propri cryptoasset sul proprio dispositivo mobile in sicurezza – con un’esperienza paragonabile a servizi fintech come Revolut o Monzo, offrendo piena integrazione con gli strumenti di “yield farming” offerti da Compound o Maker.

È già qui un futuro in cui è possibile mettere a frutto le proprie finanze e pagare in automatico servizi recurring come Spotify o Netflix.

DeFi, prospettive e rischi

Ma come si suol dire, non tutto è oro quello che luccica. Anche quando l’oro è digitale. Il mondo della finanza decentralizzata è lontano da uno stadio di maturità e un campo minato da bug informatici e grossi speculatori.

Se le prospettive di guadagno sono allettanti, altrettanti sono i rischi legati alle vulnerabilità del codice degli smart contract che regolano i servizi offerti. Bancor, ImBTC e Hegic sono solo alcune delle piattaforme che hanno mostrato delle falle negli ultimi mesi. Intervistato sui rischi di DeFI, è lo stesso fondatore di Ethereum, Vitalik Buterin, a predicare cautela quando si approcciano questi strumenti per la prima volta: “La DeFi va ancora bene, ma non facciamo finta che sia un posto adatto alla gente normale per investirci i risparmi di una vita”. La portata del fenomeno non è sconosciuta all’authority: viene proprio dalla SEC americana la proposta di un “DLT Smart Contract Analysis Tool”, capace di identificare per tempo le vulnerabilità degli smart contract cardine dell’ecosistema.

Ulteriori preoccupazioni derivano dalla possibile insostenibilità dello yield farming, in cui i guadagni sono spesso sostenuti da incentivi pagati dai creatori dei protocolli per attrarre utenti. Allo stesso tempo, i volumi di scambio ancora contenuti per queste tipologie di asset, lasciano campo aperto alle cosiddette “whale”, speculatori-balena che disponendo di grosse somme in criptovaluta monopolizzano l’attività di market-making, capaci di originare delle vere proprie ondate di rialzo seguite da improvvisi crash del prezzo con operazioni di vendita massiva.

Conclusioni

Nonostante questi pericoli, DeFi rimane un fenomeno dalle caratteristiche interessanti, i cui spunti possono essere, con la mediazione degli organi di regolamentazione, benefici al sistema finanziario e le sue fragilità attuali.

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Se, come sostiene Taleb, il progresso si lega all’“autonomia dal sistema e al coraggio di agire”, DeFi può tracciare nuove strade portando servizi finanziari più inclusivi e accessibili, promuovendo una cultura finanziaria diffusa e permeata dai social trend contemporanei. Non da ultimo mettendo a disposizione i vantaggi dei registri distribuiti, orientati alla massima asimmetria e trasparenza informativa.

Le notizia proviene per gentile concessione da Blockchain 4 Innovation

Blockchain4innovation è la testata del Gruppo Digital 360 dedicata alla divulgazione delle tematiche Crypto e Blockchain e diretta da Mauro Bellini.

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