Il ruolo della tecnologia blockchain per combattere la pandemia da COVID-19

Mirko De Maldè

Co-chair dell’Healthcare Working Group di INATBA (International Association of Trusted Blockchain Applications), CEO @Thairis

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La pandemia da COVID-19 sta mettendo a durissima prova i sistemi sanitari, a prescindere dal loro grado sviluppo e dalla relativa ricchezza dei diversi paesi colpiti. La crisi ha messo a nudo le debolezze dei sistemi sanitari di tutto il mondo, in special modo nel settore dello scambio dei dati su larga scala e dei sistemi di sorveglianza e monitoraggio a livello di popolazione, che sono stati insufficienti a consentire una gestione efficace della pandemia. In un simile contesto, si è molto parlato del potenziale ruolo delle tecnologie digitali nell’affrontare le sfide poste dal COVID-19. In particolare, molte istituzioni pubbliche ed enti privati hanno esplorato con particolare interesse il possibile utilizzo della tecnologia blockchain per lo scambio, la raccolta e la certificazione dei dati.

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Non solo blockchain, anche intelligenza artificiale e IoT

In effetti, a ben vedere, la gestione di una pandemia ruota essenzialmente attorno al tempestivo scambio di dati affidabili fra i diversi operatori coinvolti, seguito dalla messa in opera di adeguate misure per ridurre il contagio e isolare i focolai. In un simile scenario, il coordinamento e la collaborazione fra diversi enti coinvolti nella gestione, l’affidabilità dei dati messa a disposizione e la fiducia fra i vari attori istituzionali, sono elementi fondamentali per la corretta gestione di una pandemia.

Allo stesso tempo, è importante ben bilanciare gli interessi di salute pubblica con il rispetto dei diritti fondamentali della persona, fra i quali sempre più rientra quello alla privacy. Una corretta comunicazione istituzionale delle modalità di utilizzo dei dati personali è, in questo senso, un elemento fondamentale in assenza del quale anche le più avanzate soluzioni per il monitoraggio della pandemia sono destinate a fallire.

In questo senso, la tecnologia blockchain può in effetti offrire certificazione dei dati, della loro provenienza e affidabilità, insieme a una migliore gestione dei dati personali in capo all’individuo e una maggiore trasparenza riguardo il loro uso. Questo grazie alle sue fondamentali caratteristiche di sicurezza, trasparenza, immutabilità e flessibilità, che possono giocare un ruolo molto importante nella gestione dei flussi di dati ma anche fungere da base operativa per l’applicazione di altre tecnologie, come intelligenza artificiale e internet of things (IoT) [1].

Blockchain nella gestione della crisi da Covid-19, alcuni casi d’uso

Considerata la versatilità della tecnologia blockchain, non sorprende come siano diversi gli scenari ipotizzati per il suo utilizzo. Si passa dalla certificazione delle identità alla certificazione dei tamponi (che verrà discussa più in dettaglio), dal contact tracing alla certificazione dell’affidabilità delle notizie relative alla pandemia, dal controllo delle quarantene (in combinazione con sensori e dispositivi IoT e indossabili) al tracciamento dei kit per i test, fino alla gestione trasparente degli aiuti economici pubblici e privati.

Altro importante elemento è lo scambio di dati fra organizzazioni ma anche fra paesi, che facilita la connessione fra database altrimenti isolati gli uni dagli altri, e dunque non pienamente utilizzabili per gestire la pandemia. L’uso della tecnologia blockchain può inoltre facilitare il coinvolgimento dei cittadini, offrendo loro strumenti trasparenti per la condivisione dei dati personali e maggiore controllo su di essi, incoraggiando la collaborazione collettiva per lo scambio di dati volto al rallentamento e al controllo della pandemia.

Come si può comprendere, questi casi d’uso cercano di soddisfare due fondamentali esigenze: da un lato, consentire una gestione accurata della pandemia, offrendo sistemi per monitorare i contagi e i contatti e assicurandosi l’attendibilità dei test sierologici; dall’altro, l’esigenza di offrire ai cittadini la possibilità di spostarsi in sicurezza e tornare, per quanto possibile, alla normalità.

Con il rendersi disponibili dei vaccini (si pensi a quelli annunciati da Pfizer e Moderna), altre applicazioni riguardano il tracciamento della supply chain dei vaccini stessi, oltre che dei già citati kit e reagenti per i test. Nel caso dei primi il potenziale utilizzo si fa più interessante, laddove i vaccini hanno (stando alle dichiarazioni delle case produttrici) una vita media fra i cinque e i trenta giorni a temperature che non superino gli 8 gradi. La certificazione delle corrette condizioni di trasporto e conservazione, in combinazione con appropriati dispositivi IoT e notifiche automatiche in caso di innalzamento delle temperature di conservazione, sembra essere una prospettiva interessante per l’impiego della tecnologia blockchain.

Quanto al tracciamento dei test, l’uso della tecnologia appare interessante per certificare origini e distribuzione dei test e dei reagenti, ma anche per certificare i risultati, il luogo e la data dove un certo test è stato svolto, anche per mappare le aree più a rischio di diventare focolaio.

Un altro ruolo importante può essere svolto dalla blockchain nel contrasto alla disinformazione dilagante, che vede nella pandemia uno dei settori più prolifici: fra tesi complottiste, dubbi sui vaccini e addirittura oscure agende di nuova sorveglianza sociale, i flussi informativi riguardo la pandemia sono sicuramente stati oggetto di inquinamento da parte di fonti poco attendibili e faziose [2].

Questo fenomeno ha scatenato un ulteriore calo della fiducia dei cittadini nei confronti di istituzioni ed esperti, creando una confusione che ha recato non pochi danni alla gestione della pandemia. Per arginare questo fenomeno, la tecnologia blockchain può essere d’aiuto – grazie alle sue caratteristiche chiave di distribuzione e condivisione – per certificare e garantire la provenienza e l’affidabilità delle informazioni, anche tramite il mantenimento di un unico corpo informativo sempre aggiornato e sincronizzato fra le diverse fonti accreditate, facilitando così la diffusione di informazioni corrette e marginalizzando le informazioni isolate e le fake news.

Blockchain per la certificazione dei tamponi

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Interessanti soluzioni sono state in particolare proposte per la certificazione dei risultati dei tamponi molecolari che provano la negatività al virus. Recenti casi di cronaca hanno dimostrato, laddove ce ne fosse bisogno, la pericolosità di scenari in cui la falsificazione dei risultati da parte di pochi individui irresponsabili può portare alla creazione di nuovi focolai.

Come è noto, i tamponi molecolari sono a oggi l’unico strumento per essere certi di non avere contratto il virus. La certificazione dei risultati dei tamponi, in combinazione con altri strumenti (in primis il contact tracing), potrebbe fornire una base per ottenere una sorta di “patente di negatività” che consenta ai titolari di muovere liberamente e svolgere le proprie attività abituali senza restrizioni, fatte salve ovviamente le precauzioni necessarie per non rischiare di incorrere nella malattia. In modo simile, non appena il vaccino si renderà disponibile, prove inconfutabili sull’avvenuta vaccinazione costituiranno un ulteriore elemento necessario per poter circolare liberamente e svolgere le proprie attività abituali. Un simile sistema di certificazione dovrebbe fondarsi su strumenti flessibili e interoperabili in grado di identificare gli individui e il risultato dei loro ultimi test, tutelando al contempo la privacy. Sistemi di credenziali basati sulle c.d. “verifiable credentials”, credenziali non manipolabili e verificabili crittograficamente, potrebbero in questo senso essere di grande aiuto, come sperimentato dalla COVID-19 Credentials Initiative (CCI).

Il concetto chiave attorno a cui si discute è quello di certificazione, ed è in questo ambito che la tecnologia blockchain può giocare un ruolo fondamentale. Certificazioni in formati cartacei o elettronici non crittograficamente protetti e verificabili risulterebbero fin troppo vulnerabili, esponendo l’individuo al rischio di esporre informazioni sensibili, e il sistema a quello di dover gestire false certificazioni [3].

Per un caso d’uso così delicato, sono necessarie certificazioni digitali in grado di preservare la privacy, garantire autenticità, e che siano non falsificabili, facili da verificare, facili da gestire, scalabili e convenienti dal punto di vista economico. Allo stesso tempo, sistemi che offrano maggiore trasparenza e controllo ai cittadini potrebbero aiutare a mitigare l’endemica diffidenza dei cittadini verso sistemi di raccolta dati imposti da autorità pubbliche.

La gestione dei dati sensibili

Interessanti esperimenti sono stati svolti in combinazione fra verifiable credential, app dedicate alla gestione decentralizzata dei dai personali (come Solid o Digi.me) e architetture blockchain pubbliche (come Ethereum), per rendere possibile la verificabilità di test COVID mantenendo allo stesso tempo la privacy, dimostrando allo stesso tempo scalabilità e utilizzabilità per la gestione di dati sanitari, nonché facilità di adozione (tramite una semplice applicazione mobile).

L’approccio decentralizzato appare altresì quello maggiormente appropriato per la gestione di dati sensibili, inclusi dati medicali, sempre assicurandosi sicurezza e privacy, che devono essere migliori di quanto offerto da tradizionali sistemi centralizzati. Soluzioni come la sopra citata Solid offre proprio strumenti di questo tipo, trasferendo il controllo dei dati da entità centrali ai singoli utenti, decentralizzando la gestione dei dati personali, con grande potere di controllo individuale sui dati e trasparenza sugli accessi. La combinazione fra Solid e sistemi blockchain può, in effetti, offrire soluzioni per una completa decentralizzazione dei dati. A queste caratteristiche, che facilitano il coinvolgimento proattivo dei cittadini, si aggiungono le già citate funzionalità per la certificazione e la verifica dei risultati dei test (o vaccinazioni), offrendo sia controllo individuale sui dati sia integrità delle informazioni, per gli usi di salute pubblica.

blockchain covid 19

Sperimentazioni in California e in Svizzera

Sulla base di esperimenti simili, lo stato della California ha tentato l’adozione di un sistema basato su “credenziali verificabili di salute” per dimostrare la negatività a seguito di test COVID, completamente “portabili” e decentralizzate. L’autenticità di questi risultati poteva essere verificabile crittograficamente e in maniera indipendente proprio grazie all’uso della tecnologia blockchain, così da consentire il ritorno alle attività lavorative e agli spostamenti. Il testo, approvato in Senato, è stato poi bloccato dal Governatore dello Stato.

Anche la Svizzera ha sperimentato una soluzione simile, lanciando l’applicazione Health n Go, una app di certificazione sulla quale è stato di recente completato un pilot che consentiva ai dipendenti di un’azienda locale di certificare i risultati dei loro tamponi e mostrarli in caso di bisogno, allo stesso tempo certificando la propria identità. Il pilota è stato molto ben accolto, consentendo ai lavoratori sani di continuare a lavorare e spostarsi anche fra diverse nazioni anche nel caso di restrizioni ai movimenti. L’intero sistema era reso possibile grazie a una integrazione fra l’applicazione mobile e il sistema informatico del laboratorio di analisi. Una simile soluzione è stata anche sperimentata dalla Open University in Regno Unito ed esperimenti molto simili sono stati sviluppati anche in Italia.

La task force di INATBA, blockchain contro la pandemia da Covid-19

L’associazione internazionale INATBA (International Association of Trusted Blockchain Applications) ha come compito istituzionale quello di facilitate e supportare l’adozione mainstream delle Distributed Ledger Technology in diversi settori, coinvolgendo imprese, decisori pubblici, organizzazioni internazionali, enti regolatori e la società civile. Considerata questa missione e la sua dimensione internazionale, all’esplodere della pandemia da COVID-19, INATBA ha immediatamente lanciato una serie di iniziative volte mettere a sistema le competenze presenti all’interno dell’organizzazione e rendere disponibili expertise e conoscenze utili per il rallentamento della pandemia e la gestione della crisi nei vari settori dell’economia e della società colpiti dal perdurare dell’emergenza.

Per rafforzare il potenziale impatto di tali iniziative, INATBA ha preso parte alla piattaforma COVID lanciata dal World Economic Forum, invitando i vari membri del gruppo di lavoro salute di INATBA, molti dei quali società private attive nel settore blockchain, a fornire una serie di soluzioni in risposta alle richieste del WEF. La prima tornata di consultazioni copriva un vasto arco di soluzioni, offerte da 14 partecipanti già in aprile del 2020, e sono state valutate in relazione alla loro rispondenza alle aree prioritarie identificate dal WEF e da INATBA (in particolare supply chain e donazioni) e secondo tre fondamentali criteri (scalabilità, maturità, potenziale impatto).

Sulla base di questi elementi, INATBA ha successivamente strutturato la propria iniziativa tramite il lancio di una Task Force COVID, una rete globale di enti pubblici e privati impegnati a rendere operative soluzioni basate su blockchain per supportare le istituzioni pubbliche nell’affrontare l’emergenza COVID-19. Nello specifico, la task force è strutturata attorno al coinvolgimento di tre fondamentali categorie di stakeholder: enti pubblici, industria, istituzioni accademiche. In particolare, INATBA ha ottenuto l’immediato coinvolgimento diretto della Commissione Europea e dell’University College di Londra (UCL).

L’idea alla base della task force è quella di sviluppare un portfolio di risorse e soluzioni in grado di supportare diversi scenari problematici causati dalla pandemia globale. Lo stato di maturità delle soluzioni è il primo dei criteri attraverso cui le soluzioni sono classificate, e un particolare accento è posto sulla collaborazione industriale precompetitiva. Sin dal suo insediamento, la Task force ha iniziato a collaborare su due casi d’uso proposti da governi nazionali e organizzazioni non governative.

Varie proposte sono state presentate nel corso della prima fase di analisi, coprendo una ampia gamma di scenari, da sistemi di identità digitale, a sistemi per la verifica dei test, fino alla gestione facilitata dei trial clinici, passando per sistemi di tracciabilità della supply chain farmacologica, specialmente per combattere il fenomeno della contraffazione (che può interessare, come accennato sopra, sia i vaccini che i test COVID e i relativi reagenti).

Interessanti erano anche le diverse proposte presentate per consentire una più efficiente gestione dei fondi pubblici destinati a supportare cittadini e imprese in questa delicatissima fase di importante contrazione economica, così da evitare abusi e facilitare la tracciabilità degli aiuti. Similmente, sistemi per facilitare società private nel reperimento di sostegni (tramite donazioni o tramite l’offerta di voucher certificati per prestazioni future di beni e servizi) sono stati presentati, dimostrando ancora più chiaramente il grande potenziale delle distributed ledger technology nel supportare governi e società nel vincere la battaglia con il COVID-19.

Riferimenti

[1] Fusco, A., Dicuonzo, G., Dell’Atti, V., & Tatullo, M. (2020). Blockchain in Healthcare: Insights on COVID-19. International Journal of Environmental Research and Public Health17(19), 7167.

[2] Khurshid, A. (2020). Applying blockchain technology to address the crisis of trust during the COVID-19 pandemic. JMIR medical informatics8(9), e20477.

[3] Eisenstadt, M., Ramachandran, M., Chowdhury, N., Third, A., & Domingue, J. (2020). COVID-19 Antibody Test/Vaccination Certification: There’s an App for That. IEEE Open Journal of Engineering in Medicine and Biology1, 148-155.

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Le notizia proviene per gentile concessione da Blockchain 4 Innovation

Blockchain4innovation è la testata del Gruppo Digital 360 dedicata alla divulgazione delle tematiche Crypto e Blockchain e diretta da Mauro Bellini.

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